Ichiro Inuyashiki è un uomo di 58 anni che porta male gli anni. Non si sente realizzato e percepisce di non essere più apprezzato dalla sua famiglia: la moglie e i due figli, in particolare la figlia adolescente Mari. Dubita persino che gli vogliano ancora bene. La sua vita sembra scivolare nell’indifferenza, come se fosse un’ombra nella sua stessa casa.
Un incontro inquietante
Un giorno, tornando a casa con il figlio, vedono un uomo in pericolo contro dei malviventi. Nessuno interviene, nemmeno Ichiro, scoraggiato dall’indifferenza del figlio. Più tardi, Ichiro scopre di avere un cancro terminale e gli resta poco da vivere. La sua vera paura? Che alla sua famiglia non importi della sua morte. Teme che non piangeranno nemmeno, una paura che lo spaventa più della morte stessa.
Un incidente che cambia tutto
La sera, al parco, Ichiro viene colpito da qualcosa di extraterrestre insieme a un giovane ragazzo. Gli alieni, durante una ricognizione, distruggono accidentalmente i corpi dei due e, per evitare problemi con i superiori, li ricostruiscono con la loro avanzatissima tecnologia. Quando Ichiro si risveglia, il cancro è scomparso, ma lui non è più umano: è diventato un robot alieno con la sua mente ancora intatta.
Le nuove abilità di Ichiro
Scopre le sue nuove abilità quando difende un senzatetto da dei teppisti. Nonostante la goffaggine, Ichiro riesce a sconfiggerli grazie al suo scheletro robotico che gli permette di collegarsi alla rete, emulare funzioni informatiche e prendere controllo dei social. Pubblica online le malefatte dei teppisti, rovinando la loro reputazione. Questo evento segna l’inizio di una nuova vita per Ichiro, che decide di usare i suoi poteri per salvare persone in difficoltà. La sua tecnologia avanzata gli permette persino di captare i lamenti delle persone che chiedono aiuto e di individuarli.
Hiroshi Shishigami: il lato oscuro dei poteri
Il giovane e inquietante Hiro
Il giovane Hiroshi Shishigami, anch’esso trasformato dagli alieni, scopre i suoi poteri ma li usa in modo molto diverso da Ichiro. Hiroshi, detto Hiro, cerca di far tornare a scuola un compagno di classe bullizzato, Ando, e gli mostra cosa è in grado di fare con la sua tecnologia. Può colpire uccelli e persone a distanza semplicemente emulando il gesto di una pistola, ha il controllo informatico, e può persino prelevare dai bancomat senza avere conti, semplicemente comunicando con le altre macchine.
Può addirittura volare, guarire malattie come il cancro, sterminare plotoni di polizia e squadre d’assalto, spostare macchine o tirare giù aerei semplicemente gesticolando, un po’ come faceva Sakata -il maestro-. Insomma, Hiro è un vero e proprio dio sceso in terra.
Un gioco pericoloso
Hiroshi sembra completamente distaccato da ciò che gli sta accadendo, si comporta come nulla fosse, in fondo questo gioco gli piace, ricorda un po’ Nishi. Malgrado si chiami Hiroshi, detto Hiro, appassionato di manga come One Piece, si commuove quando li legge, non usa i suoi poteri per salvare le persone, ma al contrario per ucciderle. Hiro sceglie casualmente delle case e uccide chiunque trovi al loro interno, anche i bambini, comportandosi come un bambino che ammazza formiche.
Curioso che da una parte si commuova a vedere le gesta eroiche dei personaggi benevoli nei manga, e poi nella realtà faccia esattamente l’opposto. Uccidere è l’unica cosa che lo fa sentire vivo.
Un’opera tra manga e anime
Dal manga all’anime
“Inuyashiki” di Hiroya Oku è un manga del 2014 composto da 10 volumi, pubblicato in Italia da Panini. L’anime, prodotto da MAPPA nel 2017, adatta tutti i capitoli del manga in 11 episodi ed è disponibile su Prime Video. La regia di Shuhei Yabuta e le animazioni di Keiichi Sato, con le musiche di Yoshihiro Ike, rendono giustizia all’opera, nonostante l’uso estensivo di CGI. Le sigle poi sono belle, c’è poco da dire!
Velocità e perdita di dettagli
Tuttavia, l’anime perde alcune delle sfumature del manga a causa del ritmo veloce, che a volte fa perdere l’enfasi degli eventi. Le sensazioni trasmesse attraverso le pagine del manga, capaci di far venire la pelle d’oca, sono difficili da replicare in animazione. A questo si aggiunge la pretesa dell’anime di adattare tutti e 10 i volumi in soli 11 episodi, quasi una puntata per tankobon! Se è vero che Hiroya Oku ha uno stile molto pittoresco nel disegnare i capitoli, facendo largo uso di inquadrature, espressioni e sfondi -spesso anche reali-, permettendo quindi di trasporre molti capitoli del manga in un unico episodio dell’anime, è pure vero che l’anime rende così veloci gli eventi, che a volte ne fa perdere l’enfasi. Tal volta il senso di rush nell’anime è così forte che ci si annoia in qualche punto, cosa che a mio dire mai accade nel manga.
Tecnologia e umanità
La fantascienza realistica di Oku
Un tema ricorrente nelle opere di Oku è l’uso della tecnologia aliena che trasforma gli esseri umani in superumani. I corpi meccanici di Ichiro e Hiro sono simili alle tute nere di “Gantz”: amplificano le caratteristiche intrinseche dei personaggi. Ichiro, empatico e altruista, usa i suoi poteri per fare del bene. Hiro, invece, sociopatico sin da piccolo, li usa per uccidere.
Un aspetto che mi fa impazzire è il fatto che i corpi meccanici siano in grado di replicare e comunicare coi servizi di telefonia mobile, addirittura emulando l’interfaccia dei cellulari. Questi scheletri cibernetici alieni che i due protagonisti di Inuyashiki si ritrovano, in fondo non sono poi tanto diversi dalle tute nere dell’opera più famosa di Oku; una volta indossata la tuta nera di Gantz, i poteri dipendono dalla forza d’animo della persona, a prescindere da quali abilità avesse prima. Anche per i corpi meccanici di Inuyashiki la solfa è più o meno quella.
Malgrado i corpi, i due protagonisti esprimono la loro natura: Ichiro ha sempre voluto aiutare la gente e fare del bene, è sempre stato empatico, soffre nel profondo nel vedere le ingiustizie anche di illustri sconosciuti. Al contrario, Hiro mostrava sin da piccolo segnali di natura sociopatica; uccideva gli animali per divertimento, un giorno vide un uomo finire sotto le rotaie, questo evento lo fece ossessionare alla morte, sognava di uccidere. I loro corpi meccanici in fondo li hanno solo messi nelle condizioni di poter esprimere il loro modo di essere!
Il ruolo dei social
La critica ai social media
Un tema ricorrente nelle opere di Oku è il cinismo dei social media, dove vediamo scorrere commenti pieni di indifferenza e cattiveria scritti da persone nascoste dietro un nickname. Una delle mie parti preferite di Inuyashiki è quando Hiro, ormai conosciuto dal Giappone intero per la sua follia omicida, vede la propria vita e quella della madre scandagliata dai media. Tutto ciò che è loro viene diffuso, spogliati della propria vita e di tutte le vicende familiari, vengono letti persino gli annuari delle elementari di Hiro. Questo porta la madre di Hiro a suicidarsi per la vergogna e il dolore. Hiro legge i commenti di disprezzo contro la madre su nichannel, un famoso forum giapponese in cui è possibile postare nel totale anonimato.
I commentatori incolpano la povera madre di Hiro per ciò che lui è diventato, ridono del suo dolore ed esultano alla sua morte. Le abilità di Hiro gli permettono di individuare questi commentatori anonimi, di collegarsi ai loro dispositivi e di ucciderli a distanza. I commentatori mostrano un cinismo ed una cattiveria che in questo punto fanno quasi venire voglia di fare il tifo per Hiro.
Considerazioni finali
Problemi di adattamento
“Inuyashiki – L’ultimo eroe” non è evidentemente una serie perfetta, tuttavia quanto agli eventi finali trovo che sia proprio il punto in cui il rush dell’anime crei problemi. Mi riferisco alla parte dell’asteroide. La narrazione è così veloce che sembra che a nessuno freghi della fine del mondo. Nel manga invece c’era la giusta gradualità, e si percepiva la paura e l’angoscia. Divertente in entrambi i media la presenza dell’allora Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che in occasione dell’armageddon, conscio ormai della fine ineluttabile, si spoglia di tutta la sua pochezza.
Il live action
Esiste anche un live action del 2018, inedito in Italia, in cui Kanata Hongo, che ha interpretato Nishi nel live action di “Gantz”, interpreta Ando. Un dettaglio interessante per gli appassionati. Kanata Hongo, che ha anche doppiato Ando nell’anime, mostra una versatilità impressionante.
Conclusione
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City Hunter e le trasmissioni su Teleregione e 7 Gold, più gli altri adattamenti live action.
La serie animata su Teleregione
City Hunter: Alla fine degli anni 90 tra il 1997 e il 1999 quando avevo 11 e 13 anni, bazzicavo spesso su “Teleregione”, un canale regionale che passava qui in Puglia. Come molte televisioni locali teleregione aveva una sorta di gemellaggio con alcune televisioni del Nord. Canali regionali che non c’erano sulle nostre frequenze qui al Sud e quindi c’erano delle fasce orarie in cui Teleregione trasmetteva ciò che andava in onda su “Italia 7”.
Italia 7 la sera verso le 20 o giù di lì trasmetteva City Hunter! Ed è di lui che parlerò in questo articolo (a proposito mi scuso per l’assenza, mi rendo che sono passati 2 mesi da quando ho fatto il riassuntone a tutta la saga di Tremos!) Tornando a City Hunter su Teleregone da Italia 7; mi bastarono pochi episodi per innamorarmi della serie e non c’era una sera che io non mi mettessi davanti alla TV per guardarlo. Storia già sentita no?
Però aspetta perché c’è un fatto! Che teleregione mandava City Hunter in onda ciclicamente.
Trasmetteva tutta la serie (che per inciso erano 114 episodi suddivisi in due serie) e appena finito, il giorno dopo ricominciava dall’episodio 1 fino di nuovo all’ultimo episodio, e poi di nuovo dall’episodio 1; ed io seguivo tutti i cicli, non c’era un episodio che io non avessi visto tre quattro volte, perché poi a volte c’erano anche le repliche al mattino, quindi c’erano anche dei periodi in cui lo guardavo la mattina prima di andare a scuola.
La mia ossessione per quest’anime
Ci sono puntate che avrò visto decine di volte! La cosa allucinante è che quando saltavano per errore un episodio (e io lo sapevo perché di solito i casi di City Hunter erano suddivisi in due parti!) o quando mandavano in onda per errore l’episodio del giorno prima (e sta cosa succedeva spesso!), non è che poi l’episodio saltato lo rimettevano il giorno dopo eh… no! Era perso! E per recuperarmelo dovevo attendere tutto il ciclo affinché loro tornassero di nuovo a trasmettere quella puntata.
Ero ossessionato da City Hunter, mi divertiva per la sua comicità mi faceva battere il cuore con quel velo sentimentale che aleggiava tra i due protagonisti, le musiche mi facevano impazzire (mi fanno impazzire ancora oggi!). Mi mettevo ogni sera davanti alla TV sintonizzato su Teleregione. Ed era un casino perché a volte la programmazione ritardava di 5-10-20 minuti, a volte saltava e io io stavo lì ad aspettare che finissero le televendite, le pubblicità di Padre Pio, le solite quattro puntate del cartoon della Warner che mandavano a ripetizione o gli episodi di “Very Strong Family” prima che si trasferisse su Telenorba.
City Hunter è stato anche il mio primo manga quello che mi ha fatto scoprire cosa sono i manga; un giorno mia cugina (che anche lei lo seguiva) si presenta con un fumetto di City Hunter comprato all’edicola, quelli della Starlight! Ce li ho ancora! Era strano si leggeva al contrario. Creta e Hunter si chiamavano Ryo e Kaori e non capivo perché.
Se devo pensare agli anime di cui mi sono innamorato City Hunter è stato certamente il primo, poi ne sono venuti altri ma ancora oggi quando mi faccio il rewatch delle serie storiche realizzate da Sunrise (è da qualche anno che non lo faccio dovrei rimediare!) oppure seguendo i recenti film d’animazione, la serie di Tsukasa Hojo (autore originale del manga) è ancora capace di farmi provare certe sensazioni e di farmi salire qualche brivido sulla schiena. Da poco su Netflix è uscito il film Live Action: sarà riuscito a farmi entrare nel Mood del vero City Hunter?
Il live action di Netflix
Diretto da Yuichi Sato e scritto da Tsuro Mishima, è una produzione Netflix e HoriPro. Il film si apre introducendo il protagonista Ryo Saeba detto City Hunter (nel doppiaggio ITA delle prime serie dell’anime faceva proprio di nome Hunter). Ryo ha una agenzia insieme a questo socio Hideyuki Makimura (nel doppiaggio ITA dell’anime era Jeff). Makimura è un ex poliziotto e i due praticamente sono dei cacciatori metropolitani.
Ryo e Makimura accettano casi particolari che di solito hanno a che vedere con gli ambienti malavitosi di Shinjuku dove sono ambientati il film e la serie e vengono assoldati attraverso le lettere XYZ scritte su una lavagnetta pubblica. Ryo è un donnaiolo da strapazzo ma sul campo di battaglia è intrepido e inarrestabile, un tiratore perfetto. Che cosa succede? Che mentre loro stanno cercando su commissione questa influencer che era scomparsa, Makimura il socio di Ryo, indaga su una droga che era stata impiegata in guerra attraverso degli esperimenti che aumentano la forza delle persone per poi causarne il decesso solo dopo poche ore.
Makimura ha questa sorella Kaori (nell’anime italiano era Creta) a cui deve rivelare che ella in realtà non è davvero sua sorella ma fu adottata dal padre di Makimura il quale era un poliziotto che l’aveva presa con sé dato che, aveva abbattuto sul campo il vero padre di Kaori, che era un criminale. Tuttavia un attimo prima che Makimura le riveli tutto, viene ucciso da uno di questi tizi che aveva per l’appunto assunto quella droga, la Angel Dust o se preferisci la polvere degli Angeli; e qui possiamo subito notare come il film riprenda la sottotrama principale del manga.
Infatti il manga è strutturato a casi ma il filo comune che lega tutta la serie è per l’appunto l’angel dust, un po’ come l’organizzazione nera in Detective Conan. Probabilmente non dirà nulla a chi ha seguito solo il cartone animato, poiché infatti l’anime all’epoca realizzato da Sunrise e trasmesso da Yomiuri TV, epurò completamente tutta la sottotrama della polvere degli Angeli. Quindi Ryo insieme a Kaori che di fatto diventa la nuova socia di City Hunter, più l’aiuto di Saeko (nel doppiaggio nostrano era Selene o talvolta Selena a seconda dell’umore degli adattatori italiani), che è una bellissima detective che spesso collabora / sfrutta Ryo Saeba!
Insomma Ryo e Kaori con l’aiuto di Saeko vanno alla ricerca di Kurumi, l’influencer, per tirarla fuori dai guai e proteggerla ma anche per trovare la connessione con l’angel dust, scoprire chi ha fatto uccidere il fratello di Kaori e vendicarlo. Questa è la trama di City Hunter di Netflix, ma facciamo un passo indietro!
I precedenti adattamenti
City Hunter (1993): Hong Kong
Il live Action di Netflix non è il primo film di City Hunter con attori in carne d’ossa. In realtà erano stati già realizzati due film e una serie TV dell’opera di Hojo dai più disparati paesi, e adesso li andremo ad analizzare un attimino.
Partiamo col primo live action realizzato in assoluto su City Hunter, si tratta di una pellicola hongkonghese del 1993 “City Hunter – Il film” per la regia di Wong Jing con protagonista Jackie Chan, che non credo abbia bisogno di presentazioni, il quale è appunto City Hunter, più Joey Wong nei panni della Socia; la Wong interpretava la co-protagonista della saga di fine anni 80 Storie di fantasmi cinesi.
Quindi City Hunter del 1993, che dire? L’ho visto due volte questo film. Una quindicina di anni fa in italiano e poi in queste settimane in originale. Della prima visione non ricordavo assolutamente nulla. L’unica cosa che ricordavo di questo film era una sensazione. Ricordavo la fatica che avevo fatto la prima volta per arrivare alla fine questo. City Hunter realizzato in Hong Kong non c’entra veramente una mazza con l’opera di Hojo. In realtà è un film di City Hunter con Jackie Chan dentro che usa il Kung Fu.
Diciamo che è difficile evidentemente entrare nelle atmosfere comiche di questo tipo di commedie di arti marziali di quell’epoca. Il film secondo me ha una costruzione che annoia sin da subito e poi diciamo a tre quarti ti spara qualche coreografia niente male (vabbè è pur sempre Jackie Chan!) e poi c’è qualche siparietto divertente, c’è anche un citazione a Street Fighter che consiglio di recuperare assolutamente su YouTube… e per il resto si arriva a fatica alla fine, e ripeto non c’entra niente.
City Hunter (2011): Corea del Sud
Nel 2011 viene trasmessa una serie live action drama di produzione sudcoreana, basata su City Hunter e diretta da Jin Hyeok! Ora hai presente quando prima ho detto che il film hongkonghese con Jackie Chan non c’entrava niente?
Ecco, no! Quello qualcosina in fondo in fondo di City Hunter ce l’aveva, un frammento dell’opera originale si poteva intravedere. Questo drama di City Hunter ha veramente solo il nome, non c’è davvero niente ma niente che si può ricollegare all’opera di Hojo se non il titolo. Nomi diversi, storia completamente diversa, acconciature e vestiari lontanissimi.
Iil protagonista della serie, interpretato da un ancora acerbissimo Lee Min ho (che sarebbe quello della serie di Apple “Pachinko -La moglie coreana”) più che Ryo Saeba ricorda Light Yagami… Aggiungici che non è un Don Giovanni, non fa i casi, non ha la socia gelosa, niente, questo drama coreano è un semplice mix d’azione.
Qualitativamente è così così, si fa guardare, simpatico, arrivati a metà ci si può anche appassionare (anche se ahimè ha un finale affrettato e a tratti inconcludente!), ma davvero questa serie TV coreana non c’entra niente. Un tizio lo potrebbe guardare e mai ricollegarlo a City Hunter (se non per il fatto che venga citato “city hunter”).
Cuty Hunter et le parfum de Cupidon (2019): Francia
Il secondo film realizzato su City Hunter non è asiatico ma francese scritto e diretto da Philippe Lacheau e intitolato “Nicky Larson e le parfume de cupidon” “Nicky Larson?” ti starai chiedendo. Sì sì, si chiama Nicky Larson perché in Francia City Hunter fu re-intitolato così, quindi Ryo Saeba è diventato Nicky Larson (già l’Italia non era assolutamente l’unico paese che occidentalizzava i nomi!).
E com’è questo live action francese? ….niente male! Philippe Lacheau che tra le altre cose interpreta proprio Ryo Saba, cioè Nicky Larson, dimostra di conoscere molto bene l’opera di Hojo e confeziona una commedia d’azione indubbiamente divertente con anche buone tecniche di regia.
Certo i costumi quelli di Ryo e Falcon sono un po’ una carnevalata, ma il tutto è molto in salsa City Hunter; Umibozu o Falcon è identico… però, non lo so, io non lo sento qui City Hunter!
Cioè mi spiego è fedele, lo spirito bene o male è quello, diciamo che prende di più la parte demenziale di City Hunter anche se non manca qualche elemento drammatico un po’ forzato. E ribadisco che si vede che Lacheau conosce la serie, credo ne fosse un grande fan e ha fatto un lavoro divertente, tra l’altro ci sono anche dei suoni presi dall’anime e addirittura alcune OST dell’anime storico.
C’è addirittura una delle canzoni, perché City Hunter aveva un reparto di song che si sentivano spessissimo durante le scene d’azione. Una più bella dell’altra!E qui si sente footsteps una delle famose e più belle. Quindi, per me è promosso! Mettamente migliore di quello realizzato in Hong Kong, però non posso dire di aver provato le sensazioni dell’opera originale, e perché dico questo? Perché la versione di Netflix diretta da Sato invece ci è riuscita!
L’incarnazione di Netflix
Perché ha preso il cuore dell’anime e manga e lo ha portato sul piano fisico ma senza renderlo troppo posticcio e riuscendo a ricreare tutti quegli elementi che costituiscono generalmente la natura degli episodi di City Hunter riuscendo a creare quelle medesime atmosfere. Faccio un esempio; di solito il canovaccio dell’opera originale è Ryo e Kaori che vengono assunti per proteggere una donna da qualche malintenzionato.
Di solito questa donna ha una vita privata da condurre, spesso ha un lavoro particolare. E cosa succedeva nel manga e nell’anime? Che Ryo e Kaori entravano nella vita della protetta e questo era molto interessante perché dava vita a situazioni estremamente divertenti e sempre diverse da ogni episodio.
Qui nel live action succede: Ryo e Kaori trovano Kurumi la ragazza che dovevano cercare e proteggere, lei fa l’influencer, infatti è una famosa cosplayer e deve partecipare a questo evento di cosplay, e si creano queste situazioni in perfetto stile City Hunter. Io ho davvero sentito l’opera di Hojo, qui tra l’altro oltre ad esserci delle gag che fanno sbellicare tipo quella degli otaku (cercando di non entrare troppo nel dettaglio per non fare spoiler…) hanno pure usato l’escamotage dell’evento cosplay per inserire elementi che nel film sarebbero risultati improponibili (se si ha la pretesa di portare la storia su un piano un minimo realistico!).
Ma adesso passiamo al lavoro più convincente del film. Parlo ovviamente della scrittura e della messa in scena del personaggio di Ryo interpretato da Ryohei Suzuki che ha fatto un lavoro mostruoso. Lui è sempre stato un grande fan di City Hunter. Sognava di interpretarlo. La mia insegnante di giapponese su Italki con cui ho avuto delle piacevoli discussioni sul film (e che mi ha fatto anche scoprire la versione francese) mi ha mandato delle interessanti interviste fatte a Suzuki dove si percepisce la passione con cui ha fatto questo ruolo ma anche di come conoscesse bene l’opera di Hojo.
Innanzitutto mi piace che abbiano fatto un compromesso fra la fedeltà al manga/anime con il riadattamento per la riduzione cinematografica, quindi se da una parte vengono ripresi paro paro degli elementi quali la Mini Minor (o Mini Cooper) di Ryo, dall’altra le sue vesti vengono un po’ riadattate (benché comunque il vestiario di City Hunter non sia nulla di trascendentale).
Ryohei Suzuki come Ryo Saeba
Però io non ho percepito l’effetto carnevale come nella versione francese. Il Ryo Saeba di Ryohei Suzuki ha proprio quelle caratteristiche che aveva nell’anime e sono messe in scena in maniera funzionale. Tipo Ryo è un personaggio che passa dalla totale imbecillità, ad una serietà di ghiaccio con uno schiocco di dita o viceversa. Nel live Action c’è stata una scena che è quella della Mokkori Dance (chi l’ha visto sa di cosa sto parlando!) che m’ha fatto spaccare dal ridere! Perché è una scena seria che col cambio di sequenza passa all’idiozia in perfetto stile City Hunter e funziona, non si sente l’effetto kitch.
Ma è proprio l’equilibrio tra serietà e comicità che non tradisce le aspettative. il lato di Ryo di uomo forte invincibile anche se non lo è si sente. Nel film hanno messo l’accento esattamente dove andava messo, chi guarda il film senza aver mai seguito l’opera originale tutte queste cose le percepirà.
Ed è esattamente così che dovrebbe essere un live action tratto da un’opera animata o cartacea, non deve essere una roba adatta solo all’appassionato ma deve essere anche per chi non l’ha mai seguito, e non è tanto il discorso trito e ritrito che si sente tra appassionati, ovvero che poi il fruitore si avvicinerà anche al manga e anime.
Sì questa è una buona cosa, però il fruitore deve potersi immedesimare nel film senza aver bisogno di aver mai seguito l’opera originale o di aver bisogno di andarsela a recuperare, ho già fatto questo discorso in un mio video registrato per Youtube intitolato “Dragon Ball e One Piece non si possono fare in live Action: Sarà vero?” in cui vista l’imminente uscita del live Action di One Piece si discuteva se fosse possibile realizzare live Action tratti da manga e anime; la risposta ovviamente è ed è sempre stata Sì.
Tornando a City Hunter di Netflix tutta la costruzione del film riflette in pieno la struttura dei casi di City Hunter; c’è ad esempio una scena dove Ryo va nell’armeria con Kaori e poi si scatena contro la banda nemica usando armi e munizioni a profusione. Anche questo fatto che lui passi da piano A, Piano B, piano C, mi sono sentito immerso in quel mondo ma senza avere la percezione di stare a guardare una sfilata di cosplayer.
Elementi ricorrenti dell’opera originale
Poi c’è anche un altro elemento ricorrente di Ryo nel manga e anime, ossia che quando qualcuno dei suoi viene rapito (di solito Laori o la protetta di turno) lui in realtà sa già dove è stata portata, perché le ha in precedenza attaccato di nascosto un GPS, oppure il fatto che lui abbia numerosi informatori malavitosi di shinjuku che lo conoscono e sanno che non gli devono rompere le scatole! Gli autori sono stati bravi anche a creare il legame tra Ryo e Kaori; c’è stata una sequenza drammatica con i vetri che ricorda molto una scena della serie mi ha proprio dato sensazioni assai simili.
Sato ha discretamente diretto la pellicola e ha egregiamente diretto gli attori e poi ottima la sceneggiatura di Mishima. Il personaggio di Kaori (interpretato da Misato Morita) mi ha convinto pure. Certo non si vede quella Kaori proprio incazzosa dell’anime (anche lei c’è in una di queste interviste con Suzuki, è davvero tenera!)
Quanto a Saeko, forse ecco è quello meno riuscito. Perché… io credo per una questione di tempo, ma forse addirittura anche per una questione di politically correct, non lo so, allora…
Saeko nel film diciamo che non combatte, sta un po’ dietro le linee gialle, e mi è venuto da ridere perché; le hanno dato la posa uguale uguale a quella del manga!! Ma il fatto è che ce l’ha sempre, addirittura cammina con la posa.
Quindi è un personaggio che rimane in disparte, anche perché è stato quasi eliminato il fattore sfruttamento. Spiego, Saeko è una bellissima donna, e secondo me qui non è stato messo l’accento sulla sua sensualità (fermo comunque restato che il film non deve per forza essere fedele al 100%), e comunque Saeko sfrutta la sua bellezza per far fare a Ryo tutto quello che lei vuole, tant’è che lei nell’anime deve a Ryo un sacco di favori sessuali, diciamo pagamenti in natura. Nel film c’è un accenno a questo, perché lo si può leggere dal cellulare di Ryo che Saeko ha questo debito con lui.
Però la cosa si chiude lì, non viene spiegata, e secondo me chi non ha seguito la serie non potrà arrivarci. Quindi insomma un personaggio che al momento sembra incompleto. Diciamo che questo forse è l’unico difetto che ho riscontrato, ma non perché non sia fedele, ma semplicemente perché penso che sia un personaggio che possa dare molto di più.
Politically Correct?
A me è venuto il dubbio; non è che non hanno voluto approfondire la cosa per questioni di politicamente corretto? Perché comunque è una donna che sfrutta il suo corpo per ottenere ciò che vuole. In realtà Saeko nel manga/anime al di là di questo, è anche descritta come un eccellente detective, spaccaculi sul campo di battaglia. Chissà magari nel secondo film mi daranno più soddisfazioni.
E parlando di politically correct arriviamo anche al nostro Hunter. Ryo infatti nell’anime e manga mette letteralmente le mani addosso palpandole a tradimento alle clienti, che di solito sono bellissime ragaze, ma anche a tizie che ferma per strada. Ovviamente sono gag giapponesi figlie del tempo, che di solito terminavano con lui che si beccava un calcio lì dove non batte il sole o una martellata in testa (un po’ come il maestro Muten, o Genio delle tartarughe, di Dragon Ball!). Qui però non ce n’è traccia, e sinceramente da un prodotto Neflix me lo potevo immaginare.
Un altro aspetto forse rimosso per lo stesso motivo, è il fatto che Kaori nell’opera originale venga spesso scambiata per un uomo. Lo stesso Ryo molte volte la prende in giro per questo motivo. Il dubbio che abbiano tolto questa cosa perché potrebbe ricadere nel bodyshaming, francamente mi è venuto.
Comunque in conclusione, per me il live action di City Hunter di Netflix è più che promosso, io mi sono divertito, mi sono appassionato, ho sentito City Hunter, ho provato quei brividi, e li ho riconosciuti! Consiglio di guardarlo sia a chi ha seguito la serie, sia a chi non l’ha mai seguita. Infatti è anche un aspetto che apprezzo, il fatto di poter essere apprezzato da qualunque tipo di spettatore.
Tremors è una saga cinematografica di genere monster movie ideata da Steven Seth Wilson e Brent Maddock (che poi sono quei geni di Corto Circuito!). Il primo film di Tremors riscosse un enorme successo. Ricordo le numerose repliche quando ero solo un bambino, un successo tale da convincere gli autori a produrre un botto di sequel per l’homevideo e persino una serie televisiva.
Di recente mi sono rivisto tutta la saga, recuperando anche i capitoli che non avevo mai visionato, ben 7 pellicole realizzare per questo franchise. Analizziamoli uno per uno riepilogando brevemente la trama e dando una brevissima opinione (a proposito se sei pigro a leggere puoi guardare la versione audio-visiva sul mio canale Youtube cliccando qui), quindi facciamo un bel riassunto.
Analisi di una lunga saga
Tremors (1990) di Ron Underwood
Trama: In una valle desertica del Nevada spuntano delle creature, tipo vermoni sotterranei, che si tirano giù qualunque essere commestibile che trovano sulla propria strada. Due operai cowboy Val ed Earl insieme agli abitanti di questa micro-cittadina tra cui Burt un tizio fissato con le armi giustamente perculato da tutti, devono salvarsi dalle creature e cercare di farle fuori.
Opinione breve: c’è così tanto da dire su questo bellissimo film di creature che non c’è molto da dire in così poco tempo se non che va visto. È invecchiato maledettamente bene, mischia orrore azione e commedia in maniera perfetta. Gli effetti visivi artigianali sono belli ancora oggi, i personaggi sono di divertenti e si fa il tifo per loro. Kevin Bacon e Fred Ward cioè Val ed Earl sono uno spasso funziona tutto.
Un film immortale Tremors! come ci sarà finito uno come Ron Underwood a dirigere delle puntate di Fear The Walking Dead? Mistero!
Tremors 2: Aftershocks (199) di Steven Wilson
Trama: Earl data la sua esperienza viene chiamato (solo lui perché Val ce lo siamo giocati!) per uccidere dei graboid in Messico che stanno facendo macello in una raffineria, affiancato da altri tizi tra cui Burt l’amante di armi interpretato da Michael Gross, e tutto fila più o meno bene finché inaspettatamente i vermoni si evolvono in delle creature più piccole ma evidentemente più pericolose, visto che si riproducono come pulci!
Opinione breve: Rivederlo a distanza di anni da adulto è stato quasi doloroso all’inizio perché la prima mezz’ora non rende assolutamente giustizia al primo Tremors. Non tanto per il downgrade registico (che è evidente!) ma più perché il film si dimentica le regole dei graboid (gli agguantatori nel doppiaggio italiano del primo film); c’è gente che cammina e cazzeggia tranquillamente sul terreno con quei cosi nelle vicinanze e non succede niente, quando nel primo film non potevano fare due passi senza essere presi.
Poi ‘sti vermoni non tirano più fuori le lingue che erano un elemento distintivo, quindi nel giro di mezz’ora questo sequel rischia di finire nella pattumiera. Poi però appena si aggiunge Burt che qui diventa più macchiettistico, e non appena arrivano fuori le nuove creature, a mio dire realizzate anche bene per essere un film nato per il circuito homevideo, Aftershocks decolla, il film appassiona e tutto sommato le nuove creature sono interessanti e sono fatte anche bene (non so perché ci sono anche delle sequenze fatte con la cgi, ma per fortuna sono solo riprese a distanza!)
Aftershocks diverte grazie ai dialoghi dei protagonisti ed è indubbiamente il film che ha reso iconico il personaggio di Burt che dopo questo diverrà il protagonista indiscusso della saga. Insomma un sequel che parte maluccio ma poi diventa modesto e degno di essere visto.
Tremors 3: Ritorno a Perfection (2001) di Brand Maddock
Trama: Si sa come vanno queste cose i terzi capitoli hanno l’abitudine di tornare alle origini (Scream 3 insegna!), e quindi si torna nella cittadina del primo film; il nostro Burt Gummer (Earl no, perché ci siamo giocati pure lui!) deve sostanzialmente tornare sul campo di battaglia per affrontare i mostri del secondo film, gli shrieker, cioè gli strillatori (credo!), che si evolvono nuovamente in delle creature alate che possono volare sparando fuoco dal culo come propulsore… e poi c’è pure un graboid Blanco… Ok!
Breve opinione: Il film cerca di giocare molto sull’effetto nostalgia, tanto che oltre a tornare nel luogo d’origine, riporta addirittura dei personaggi terziari del primo film, c’è il tipo ispanico Miguel, e Melvin il ragazzino stronzolo (messo qui a caso, ma vabbè!). Ci sono addirittura Mindy la bambina ormai cresciuta, quella che giocava in strada (che poi è la bambina informatica di Jurassic Park) e la madre di Mindy. Ok, però non è che queste due fossero proprio dei personaggi importanti, erano straterziari insignificanti, ma per fare nostalgia tutto fa brodo, no?
Il problema di fondo è che Ritorno a Perfection è al livello di una puntata mediocre di una serie televisiva di fine anni 90, registicamente brutto e con una scrittura di quart’ordine, non fa quasi mai ridere, le creature in CGI sono brutte, poi la cosa che mi fa ridere (per i motivi sbagliati) è che se nel primo film Burt Gummer era una perculazione degli yankee fissati con le armi, con gli armamenti nei depositi casomai scoppi una rivoluzione eccc.. queste cose qui insomma, nel terzo invece si fa un inno alle armi perché è giusto che la gente giri armata, e quelli che hanno interesse a preservare gli esseri viventi dall’estinzione nel film sono le merde.
Gli concedo però che le nuove creature al di là della CGI scadente non sono male e il fatto di non prendersi quasi mai sul serio.
Tremors 4: Agli inizi della leggenda (2004) di Steven Wilson
Trama: Dopo tutte queste evoluzioni hanno ben pensato di fare la cosa più logica. Tornare indietro totalmente! Nella solita cittadina di Perfection, ma un secolo prima (!), dei Proto-Graboid saltellanti, si pappano dei minatori. L’antenato di Bart che è un imprenditore e possessore di questa miniera, li deve scacciare, e per ucciderli assolda un pistolero esperto interpretato da Billy drago. Qualcuno ha appena detto “e niente fa già ridere così!”? Esatto!
Breve opinione: Devo dire che rispetto al terzo film almeno è scritto e costruito decisamente meglio, però il film dà il peggio quando ci sono le creature fatte sempre con una CGI brutta da vedere, ma poi non si capisce perché questi graboid escono fuori col muso frontalmente, sono diventati degli squali, quando il bello invece è che ti prendevano da sotto; “agguantatori” appunto. Poi c’è una scena in cui un graboid attraversa un ponte saltando o volando!
Tremors 5: Bloodlines (2015) di Don Michael Paul
La saga si concluse col quarto capitolo ma nel 2015 sono ripartiti i seguiti; Il quinto capitolo che riapre la saga viene diretto, sempre per il mercato del direct-to-video, da Don Michael Paul, un regista televisivo o di film a bassissimo costo. Ha diretto Un poliziotto all’asilo con Dolph Lundgren, seguito di Un poliziotto alle elementari con Schwarznegger (a questo punto mi aspetto anche terzo film intitolato Un poliziotto all’asilo nido con Sylvester Stallone!)
Trama: Burt che ormai fa di professione l’ammazza-vermoni, va in Sudafrica ad uccidere le creature alate del terzo film, gli Ass Blaster, in italiano i culi volanti, perché sono comparsi anche lì. Qui Burt scopre intanto che il cameraman che va con lui, Travis (interpretato da Jamie Kennedy), è suo figlio, e gli Ass Blaster ed i graboid sudafricani sono mutati e più pericolosi.
Breve opinione: Classico filmetto neanche tanto brutto e con dialoghi scemi che si dimentica il giorno dopo. La CHI nel frattempo è migliorata ovviamente ma le creature fanno cacare perché non danno più l’idea di essere degli animali sconosciuti e pericolosi, non sembrano neanche più terrestri… sembrano alieni! caruccia una scena in cui Burt riepiloga in un programma televisivo tutte le varie fasi evolutive dei graboid, ed anche non malaccia quella nella gabbia del leone.
Tremors 6: A Cold Day in Hell (2018) di Don Michael Paul.
Trama: Burt e Trevis vanno in Canada perché nei ghiacciai ci stanno i graboid e gli Ass Blaster (sì prima in Africa, ora nei ghiacciai canadesi!). Qui ci sta una tipa esperta che è la figlia di Val del primo film (siccome Bacon non voleva tornare per riprendere i panni del suo personaggio, hanno creato un parente!). Niente si scopre che Burt è stato infettato da un graboid che lo aveva inghiottito nel terzo film (sì è successo questo!) e bisogna prenderne uno vivo per curarlo.
Breve opinione: Qualitativamente è come il precedente capitolo, non così brutto ma si dimentica il giorno dopo, non c’è davvero molto altro da dire sul sesto capitolo.
Tremors 7: Shriker Island (2020) di Don Michael Paul.
Trama: Allora, deserto l’abbiamo fatto! Raffineria messicana l’abbiamo fatto! Riserva africana l’abbiamo fatto! Ghiacciaio canadese l’abbiamo fatto! Cosa possiamo fare più? Idea! Giungla della Papuasia!
Il povero Bart ormai anziano e stanco, ritirato in Papa Nuova Guinea che pare Chuck Noland di Cast Away, vive da solo perché il figlio sta in una prigione messicana (ah sì ‘sti gran cazzi!) e insomma viene convinto a cacciare per l’ultima volta le creature su un’isola piena di shrieker, più un nuovo tipo di vermone graboid mastodontico e che sa pure nuotare, che è il vero nemico del settimo e ultimo capitolo. Burt e compagnia affrontano questi Dino-Graboid e lui alla fine viene mangiato per salvare tutti; ciao ciao Burt, insegna agli angeli a non rimanere mai senza munizioni!
Breve opinione: Nota positiva (forse) è il titolo che cita gli shrieker, perché se li erano effettivamente dimenticati dopo il terzo film… Gli autori avranno detto “Sai che c’è? Facciamo un film tutto basato sugli shrieker!”. Il titolo comunque dice una bugia perché in realtà la star del film è il Dino-Graboid (quindi altro che gli shrieker protagonisti). Il settimo capitolo è… una mediocrata come i precedenti, con effetti visivi pedestri, pochi guizzi, e si dimentica presto, nonostante qualche tentativo di fare nostalgia riesumando elementi del primissimo Tremors. E così si conclude definitivamente la saga dei vermoni.
Io direi che si che si sarebbero potuti tranquillamente fermare al secondo e nessuno si sarebbe lamentato troppo!
Da agosto 2023 è presente un film a tema zombie molto divertente su Netflix. Lo zombie movie in questione è intitolato “Zombie 100 – Cento cose da fare prima di non morire”. Il film di produzione giapponese è del 2023 per la regia di Yusuke Ishida ed è tratto da un manga (quindi parliamo di un live action) da cui peraltro è stato anche trasposto un anime dal titolo omonimo, che tuttavia il sottoscritto non ha mai seguito.
Zombie Movie Commedia
Zombie 100 è uno zombie movie con toni per lo più da commedia, ma anche con un pizzico di dramma. Il film si apre con questo ragazzo, Akira Tendo interpretato da Eiji Akaso, eccitatissimo mentre si reca in azienda perché questo è il suo primo giorno di lavoro. Molto divertente il fatto che quando Akira esce di casa saluta tutte le persone che incontra augurando “Buongiorno!” ricorda quasi uno di quei tizi che hanno seguito quei training in cui ti insegnano a dire buongiorno in maniera molto energetica a chiunque incontri per riuscire a rapportarti meglio coi clienti.
Arrivato in azienda fa le conoscenze, tutto bene, sembra un sogno, gli spiegano le sue mansioni, il presidente gli presenta il direttore, i colleghi e così via. Ed è divertente che Akira fa la classica riunione di bevute con i colleghi e quando stanno per andarsene dal locale, quest’ultimo è convinto di stare per tornare a casa… ma è qui che il direttore gli dice che in realtà deve tornare in azienda e continuare a lavorare; quindi Akira si trova già al primo giorno che fa gli straordinari!
Allora comincia ad essere messo sotto venendo letteralmente schiavizzato dal direttore in questo ambiente tossico, rendendosi presto conto di trovarsi in una condizione di sfruttamento del lavoro. In Giappone si chiama Burakku kigyō (ブラック企業), essenzialmente significa compagnie nereo se preferite la traduzione anglofona Black companies. Quindi la routine del povero Akira ormai è quella di svegliarsi, andare al lavoro, tornare solo per dormire, per poi ricominciare. Non riesce neanche a pulire la sua stanza che ormai è sottosopra. In pratica ormai è uno zombie
La storia vera però parte solo adesso; Akira si sta recando al lavoro come tutti i giorni e scopre che ci sono Zombie dappertutto e quindi se la da a game, ma ovunque corre si trova non-morti davanti e da dietro e qui fa molto ridere (anche perché questa è la scena d’apertura del film), inizia a gridare “konomama jya” che significa “di questo passo” io mi aspettavo che dicesse “verrò morso o verrò ucciso” ed invece quello dirà è “kaisha ni okore shimau!” ossia “farò tardi al lavoro!”.
Sfruttamento sul lavoro
E fa morire dal ridere questo fatto che lui non sia preoccupato della sua vita, ma di fare tardi al lavoro, giusto per sottolineare quanto è sottomesso a questa vita, come se temesse di più i rimproveri del direttor, piuttosto che l’essere in pericolo di vita. Ecco a tal proposito io l’ho visto in originale (anche perché non c’è purtroppo il doppiaggio italiano) e l’ho guardato con i sottotitoli in lingua giapponese dato che studio la lingua e devo dire che il dialogato è abbastanza semplice in generale.
A proposito di questo, una curiosità; il titolo originale non è Zombie 100 – Cento cose da fare prima di non morire ma bensì Zon 100 – Cento cose che voglio fare prima di diventare Zombie(questa chiaramente è la traduzione letterale del titolo giapponese – n.d.a), una piccola differenza!
Insomma il nostro Akira Tendo si rende conto di trovarsi in un’apocalisse zombie così quindi riceve un messaggio da una sua collega. Lui ha grande ammirazione per questa collega che a lui oltretutto piaceva ma non si era mai dichiarato. Sempre questa collega, al lavoro quando parlava con Akira aveva fatto capire che le promozioni che lei riceveva non erano dovute al fatto che lei fosse speciale, ma evidentemente c’era sotto qualcos’altro e inoltre aveva fatto questa affermazione dove diceva ad Akira “a volte ci dimentichiamo cosa vogliamo fare davvero!”
Comunque Tendo tramite un SMS la individua dato che la collega gli aveva inviato la propria posizione e insomma Akira la trova con il presidente dell’azienda, con la quale la collega andava a letto… però ormai per lei è troppo tardi perché è stata infettata così Akira Tendo si dichiara, facendo quindi una cosa che avrebbe sempre voluto fare ma che non aveva mai fatto fino a quel momento!
È qui che decide di scrivere una lista di cose da fare prima di diventare zombie iniziando piano piano a fare tutto ciò che è scritto nella lista; cose semplicissime come pulire la stanza, fare un barbecue, dipingere un murales, fare campeggio e così via!
Le cose da fare prima di morire
Una delle cose che lui ha scritto nella lista è quella di trovare questo suo amico Kenzo e di scusarsi perché qualche giorno prima in un locale ci aveva litigato accusandolo di una vecchia storia; Akira e Kenzo erano giocatori di football nella stessa squadra, e questo amico Kenzo aveva sbagliato in finale un passaggio per il nostro Akira facendo perdere la partita permettendo alla squadra di guadagnare solo il secondo posto.
Kenichi detto Kenchoo è interpretato da Shuntaro Yanagi, che era uno dei tizi che stava in Alice in Borderland nonché uno degli sgherri del quarto film di Kenshin samurai vagabondo, (se non erro uno degli sgherri di Enishi). Comunque sia Akira Tendo va in soccorso anche di questo amico, e questa a grandi linee è la trama di zombie 100 (mi rendo conto di non essere bravissimo a riassumere le trame di un film XD).
Ovviamente l’apocalisse Zombie è solo un pretesto per rimuovere tutte le differenze sociali e metterci tutti sullo stesso piano poiché in un contesto del genere, il ricco ed il povero sono allo stesso livello. Insomma siamo sempre bene o male sul modello creato da George Romero con L’alba dei morti viventi, remakizzato da Zack Snyder nel 2004 (peccato che quello faccia cagare!).
Questo modello è stato usato innumerevoli volte tra cui dal notissimo The Walking Dead, strepitoso fumetto ideato da Robert kirkman da cui è stata tratta l’ancora più famosa e omonima serie televisiva, di cui una prima stagione altrettanto clamorosamente strepitosa e poi una seconda stagione di tutto rispetto ed una terza modestina… Da lì in poi un declino totale che purtroppo ha rovinato l’immagine di questa serie che era partita alla stragrande e di cui io reputo la prima stagione una delle cose più belle nel panorama delle serie televisive americane (sempre parlando della sola prima stagione!).
Tornando a Zombie 100, qui l’utilizzo dell’apocalisse zombie è ovviamente un pretesto per raccontare lo schiavismo sul lavoro ma anche di come spesso siamo così oberati dal lavoro o dalle abitudini quotidiane che scordiamo di fare ciò che vogliamo davvero fare. A volte finiamo per vivere come degli zombie e non ce ne rendiamo conto.
Ora vorrei fare una parte spoiler. Quindi se non avete visto il film e non volete rovinarvelo fermate qui la lettura dell’articolo.
SPOILER ZOMBIE 100
Allora praticamente Akira Tendo trova l’amico Kenzo in questo Love Hotel. Sostanzialmente è un albergo per intrattenere rapporti sessuali. Kenzo è in netta difficoltà perché anche la tizia con cui stava avendo un rapporto sessuale si è trasformata in zombie, ma per fortuna è legata (una prostituta parrebbe) e insomma arriva Akira e lo salva scusandosi con lui e monstrandogli la lista.
Praticamente Akira in questa lista ha anche scritto una cosa; egli vuole diventare un Super Hero cioè un supereroe per salvare tutte le persone; questa è una cosa molto giapponese, il giovane che sogna di diventare un supereroee. Allora Kenzo e Akira vanno per la città trovando delle persone, le salvano, inizialmente almeno perché alcune di queste muoiono dopo essere state infettate. Tra queste c’è una ragazza che si chiama Shizuka che aveva salvato Akira in precedenza in un supermercato. Questa ragazza vorrebbe rimanere sola perché secondo lei è meglio che ognuno vada per sé, però Akira e Kenzo riescono a coinvolgerla nel loro viaggio in cui praticamente fanno le cose che vorrebbero fare prima di morire, quindi anche Kenzo più questa ragazza, Shizuka, si prestano al gioco andando alle terme, facendo paracadutismo e tante altre cose.
Anche Shizuka inizia non solo a cambiare idea sul fatto di stare da sola ma anche lei scopre il piacere di fare cose che non aveva mai fatto prima e che avrebbe sempre voluto fare.
Così il viaggio continua; Akira aveva scritto sulla lista che praticamente per diventare un supereroe aveva bisogno di una muta per gli squali, cioè anti morso di squali, e quindi si dirigono in questo acquario, quando arrivano lì però trovano il direttore della società di Akira che praticamente grazie alla struttura dell’acquario è riuscito a creare una sorta di centro per rifugiati di zombie, in cui sfrutta come forza lavoro i rifugiati e sfrutta gli zombie come protezione dagli sciacalli.
È paradossale perché in questa situazione Akira si ritrova nella stessa situazione di quando lavorava sotto le dipendenze di questo direttore, costretto ad un lavoro massacrante e ad uno sfruttamento totale. Infatti questo direttore continua a sfruttare le altre persone, questa situazione fa ridere ma allo stesso tempo è anche avvilente, anche perché il personaggio del direttore è proprio un tizio detestabile, messo in scena veramente bene.
Quindi Akira si ritrova a lavorare sotto il direttore perché in fondo pensa che così almeno sono al sicuro però i due amici Kenzo e Shizuka Finalmente lo fanno rinsavire portandogli la lista per fargli capire che è meglio vivere rischiando di morire piuttosto che vivere da zombie.
Lo Squalo-Zombie
Quando Akira è finalmente rinsavito, ecco che entrano gli zombie nell’acquario e quindi la situazione degenera, allora Akira si mette in moto per salvare tutti, ma che cosa succede quindi? Dagli acquari esce uno squalo-zombie che fuoriesce dall’acqua, lì per lì, lo squalo sembrerebbe innocuo perché sulla terraferma non potrebbe fare niente. Se non fosse che questo squalo Zombie ha mangiato delle persone che sono diventate zombie nel suo corpo e dal ventre dello squalo iniziano ad uscire le gambe di questi altri zombie che gli sfondano il ventre e quindi gli creano de factp delle gambe.
Questo squalo Zombie può camminare; gli effetti visivi non sono perfetti però sono accettabili soprattutto in un contesto del genere, allora l’amico di Akira, Kenzo, gli dice che ogni supereroe ha bisogno del suo costume e gli dà la muta quella anti-squali, la stessa che lui voleva prendere. Quindi inizia ad affrontare lo squalo e gli zombie lo mordono, ma lui oltre a sentire il dolore dei morsi non si infetta perché è protetto dalla tuta.
Insomma alla fine insieme al suo Team, che sono i suoi amici, riescono con un’azione combinata ad uccidere lo squalo, qui peraltro si ripropone la storia del passaggio dell’amico di Akira che appunto aveva sbagliato questo passaggio perché aveva tentennato troppo. Stavolta accade la stessa cosa perché devono uccidere lo squalo con questo affare elettrico che insomma deve essere passato ad Akira che c’ha la muta (e che quindi non può subire scosse elettriche!) e che lui dovrà trasmettere allo squalo Zombie. Quindi Kenzo deve fargli questo passaggio e questa volta non tentenna e gliela passa.
Akira salva anche il direttore nonostante sia la persona peggiore del mondo e che continua ad essere una m***a. Insomma Il film si conclude con Akira che vuole fare per lavoro il supereroe. Sono aspetti della cultura giapponese che ricordano anche seria recenti come My Hero Accademy o One punch Man. In conclusione non è un filmone Sicuramente, ma è molto carino, divertente ed interessante proprio per le sue tematiche. Quindi questo era Zombie 100 – Cento cose da fare prima di non morire.
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