The Good Mothers: La serie che vorrei trattare nel seguente articolo è “The Good Mothers – Le donne che hanno sfidato la ‘ndrangheta”, quindi se nell’ultimo ho parlato di un drama coreano, vale a dire Celebrity, stavolta tratterò uno sceneggiato semi-nostrano.
È una serie presente sulla piattaforma Disney Plus che l’ha anche prodotta, diretta da Julian Jarrold ed Elisa Amoruso, tratta dal romanzo di Alex Perry. Di seguito ecco la mia analisi e recensione di questa webserie.
La prima cosa che mi ha incuriosito di questa serie è il fatto che parlasse di ‘ndrangheta, perché in Italia almeno, per l’impressione che ho avuto io, di produzioni che parlano di ‘ndrangheta, o che comunque ne parlano in questa maniera, non ce ne sono poi molte, o almeno a me è capitato di vederne davvero poche.
La trama di The Good Mothers
La serie di The Good Mothers tratta di queste donne adolescenti o giovani madri che, vivendo in un ambiente ‘ndranghetista, quindi mafioso, sono condannate ad una vita di segregazione, di mancanza di libertà, di regole maschiliste e completamente chiuse, per non dire troglodite, che le condannano quindi ad un’esistenza infernale.
Le storie sono tutte tratte da vicende realmente accadute, benché comunque la serie si sia presa alcune libertà, inventando qualche personaggio qui e lì.
La storia parla di questa Lea, interpretata da Micaela Ramazzotti, questa donna che un giorno prende la figlia e fugge via dalla famiglia per entrare nel programma di protezione testimoni della polizia, ovviamente testimoniando contro la propria famiglia!
Dopo anni che Lea è stata via in questo programma di protezione testimoni in luoghi lontani e isolati, decide di tornare dalla propria famiglia, quindi di smettere di essere una testimone e di tornare in Calabria insieme ai propri familiari, perché quella vita isolata non riusciva più a sopportarla.
Era sempre sola, si sentiva abbandonata, la figlia viveva malissimo, ed anche lei, in più la famiglia ‘ndranghetista, il marito, la madre, la suocera, tutti gli altri componenti familiari cercano di convincerla che l’hanno perdonata, che loro sono cambiati, che la rivogliono in famiglia e così via…
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Questo porta Lea a cedere, e a ritornare un giorno in Calabria con la figlia; il giorno stesso che questo avviene, la madre viene separata dalla figlia e scompare… Ovviamente è stata uccisa dalla ‘Ndrangheta! Allo stesso modo vediamo altre due famiglie in cui, anche qui, delle mogli di ‘ndranghetisti sono costrette a questa vita orribile in cui vengono completamente vessate.
Se si mettono un po’ di rossetto vengono prese a botte, se provano anche solo a rispondere agli uomini, questi le prendono la testa e gliela scaraventano nel piatto davanti a tutti, umiliandole! Insomma costrette ad una vita terribile.
Allora, c’è questo magistrato, Anna Colace, interpretata da Barbara Chichiarelli, che sarebbe la Livia di “Suburra – La serie”, la sorella di Aureliano.
Praticamente la Colace individua una di queste donne e la convince ad entrare nel programma di protezione testimoni per farla testimoniare dato che lei svolge un grandissimo ruolo all’interno di questa cosca mafiosa.
La storia di Giuseppina Pesce
Insomma questa donna che si chiama Giuseppina Pesce (davvero esistente nella realtà!) inizia così il programma di protezione testimoni; inizia a parlare e partono dalle autorità i vari arresti contro la sua famiglia che ovviamente vorrebbe ucciderla immediatamente. Ella finisce in questa casa protetta lontano portandosi i figli, qui però inizia ad avere i primi problemi, infatti in questo posto sono completamente isolati.
Soffrono la solitudine, si sentono abbandonati, le giornate sono tutte uguali. I figli soprattutto soffrono terribilmente la mancanza di tutti gli altri parenti e oltretutto n on sono minimamente in grado di capire quale sia la situazione e cosa abbia portato la madre a prendere questa decisione.
Ma questa cosa tra l’altro l’ho sentita spesso dire da veri testimoni in alcune interviste in TV, in cui praticamente spiegavano che durante il programma di protezione testimoni si sentivano completamente abbandonati dallo stato, oltre a vivere malissimo la situazione perché vivevano soli in posti sperduti e spesso venivano spostati, quindi dovevano sempre ripartire da zero.
Questo è proprio il tipo di narrativa che The Good Mothers ci racconta e che infatti preferisco maggiormente!
La famiglia ‘ndranghetista di questa Giuseppina sta subendo gli arresti, loro ritengono oltraggioso quello che lei ha fatto (peraltro ancor prima aveva anche un amante perché il rapporto con suo marito non esisteva, ed oltretutto era pure in galera!). Che cosa fanno allora i familiari?
Trovano il modo di contattare la figlia adolescente, che è anch’essa nel programma di protezione testimoni, e fanno un lavoro di convincimento in modo tale che la figlia adolescente porti la madre a tornare indietro, facendo leva sul fatto che loro la perdoneranno e si dimenticheranno di tutto, quindi anche questa Giuseppina come Lea rischia di fare questo passo indietro che potrebbe portarla alla morte.
Una cosa particolarmente riuscita di questa serie innanzitutto, è il contesto dell’ambientazione e del dialogato che è molto realistico, si parla quasi sempre in dialetto calabrese.
Mi è piaciuta molto l’interpretazione di Valentina Bellè nel ruolo di Giuseppina, perché lei c’ha questa parlata particolare, lenta un po’ strana, che però in questo contesto funziona e rende il tutto realistico.
È un personaggio che vuole uscire da quell’ambiente, ma in qualche modo le sue ossa sono fatte da esso, quindi si ritrova sempre in bilico! Un altro aspetto molto riuscito di The Good Mothers, un aspetto che forse reputo decisamente superiore ad un “Gomorra” o un “Romanzo Criminale – La serie”, è il fatto che i mafiosi, gli ‘ndranghetisti, non vengano esaltati come personaggi da ammirare o con cui simpatizzare, anzi la sensazione è esattamente l’opposta!
Si rimane sempre schifati da questi uomini orribili completamente trogloditi, ed ancora peggio sono le suocere, le nonne, le sorelle, che sono completamente assoggettate a questo ambiente, non perché hanno paura, ma perché sono anch’esse plagiate da quel sistema.
Apologia mafiosa
Una delle altre vicende è quella di Denise (Gaia Girace) che praticamente è quella che ha perso la madre, Lea. Denise capisce subito che la madre è stata uccisa, non ci crede alle cavolate che le dicono il padre e gli altri parenti, ossia che la madre ha preso e se n’è andata così…
Quindi noi vediamo il padre che cerca in tutti i modi di portare la figlia a sé, per trasformarla in una di loro mettendole vicino questo ragazzo, Carmine; tra lei e Carmine ci sono diverse interazioni, si instaura dunque un legame tra i due finché però la vicenda porterà ad una rivelazione tragica, che purtroppo è anche reale.
The Good Mothers – Le donne che hanno sfidato la ‘ndrangheta, è uscita pochi mesi fa ed è una co-produzione italo-britannica, ma devo dire che è molto “italiana”, ma nel senso positivo (non certo in quello di Stanis La Rochelle!), non ho mai percepito scene o narrazioni fuori dagli schemi italiani, anzi. Tutto è sempre contestualizzato nel nostro mood, diciamo così.
La serie è composta da 6 episodi da un’ora ciascuno, come ho detto è disponibile su Disney Plus, io la consiglio davvero, è forse una delle migliori serie che tratta il genere mafia, spero ti sia piaciuta la mia recensione, Il Recensore Delirante ti saluta!